Una parte cruciale del successo dell’investimento risiede nel momento dell’uscita, ovvero quando si decide di trasformare il valore maturato in liquidità. In questo processo entra in gioco la exit strategy, spesso trascurata o pianificata con superficialità, soprattutto dagli investitori meno esperti. L’uscita da un investimento, infatti, andrebbe pianificata sin dall’inizio, almeno nelle sue linee generali. In questo articolo vediamo i 4 errori più comuni nella pianificazione dell’exit strategy, per scoprire come evitarli e migliorare il rendimento e la sicurezza degli investimenti, con focus particolare su quelli in crowdfunding, ma non solo.
Exit strategy: il primo e più grave errore è fare un investimento senza avere alcuna idea su come, quando e a quali condizioni si vorrà uscire dall’investimento e su quali sono le possibilità di exit a disposizione. Questa mancanza di visione può portare a vendere troppo tardi, troppo presto, o in condizioni sfavorevoli.
Chi investe in equity crowdfunding, per esempio, a volte sottovaluta che la liquidità dell’investimento è bassa, soprattutto nel breve e medio termine: non esistono mercati secondari e le opportunità di uscita sono spesso rare e imprevedibili. Entrare in un progetto senza avere nemmeno un’idea approssimativa dell’orizzonte temporale o delle possibili modalità di uscita significa esporsi a rischi maggiori, compromettere il ritorno sull’investimento e non riuscire a comporre il resto del portafoglio in modo da equilibrare rischi e liquidità dei vari tipi di investimenti.
Quando si sceglie un determinato investimento, è importante sapere sin dall’inizio quali sono i possibili scenari di uscita e valutare se sono adeguati alle proprie esigenze di liquidità, aspettative di rendimento, al proprio orizzonte temporale e al resto del portafoglio.
Un secondo errore in exit strategy molto frequente è non leggere (o non comprendere) le clausole contrattuali che possono influenzare la possibilità di uscire dall’investimento. Termini come tag along o drag along possono sembrare tecnicismi giuridici, ma in realtà incidono in modo diretto sui diritti e le tempistiche di vendita delle quote.
Nel caso di una exit tramite acquisizione aziendale, per esempio, queste clausole determinano se e come l’investitore potrà vendere le proprie quote assieme ad altri soci o se sarà obbligato a farlo. Ignorarle significa rischiare di perdere opportunità di guadagno o essere costretti a vendere a condizioni sfavorevoli.
Un classico errore dei piccoli investitori è lasciarsi guidare dall’emotività, uscendo da un investimento nel momento sbagliato. Questo può significare vendere in preda al panico in caso di crisi temporanee del mercato o, al contrario, rimanere ancorati troppo a lungo sperando in un ritorno che magari non arriverà mai. Il primo errore è decisamente il più frequente e quello in cui è più facile cadere.
Investire senza pianificare una strategia di uscita razionale e senza adattarla nel tempo in base ai dati di mercato equivale a lasciare tutto al caso ed esporsi alle pressioni dell’emotività contingente.
Infine, uno degli errori più sottovalutati è affidarsi a una sola modalità di uscita, spesso idealizzata come la più redditizia.
La quotazione in Borsa, per esempio, è vista da molti come l’exit strategy perfetta per un investimento in startup, potenzialmente molto redditizia, ma è anche la più rara e difficile da realizzare. Il rischio è quello di dilatare all’infinito l’orizzonte temporale dell’investimento e perdere delle opportunità alternative. Il mercato evolve, e così anche le condizioni delle imprese. Una buona exit strategy prevede diversi scenari e piani B, non una sola via: scoprile tutte nel nostro articolo dedicato alla strategia vincente per l’uscita dagli investimenti.
Per la stessa ragione, è un errore investire tutti i risparmi in asset orientati a un determinato tipo di exit, perché questa strategia non consente di diminuire il livello di rischio del portafoglio e di mettersi nelle condizioni di poter ottenere liquidità in momenti diversi nel tempo. La exit strategy, infatti, deve anche essere sostenibile nel tempo e offrire flessibilità nella gestione degli investimenti.
Nel crowdfunding, per esempio, può essere un errore investire tutto in strumenti equity con possibilità di exit limitate e dall’orizzonte temporale lungo, anziché diversificare tra equity e lending o utilizzare gli strumenti di finanza alternativa solo come piccola parte del portafoglio. Molti investitori, inoltre, non sanno che su alcune piattaforme di crowdfunding esiste una bacheca annunci per lo scambio degli strumenti finanziari acquistati in una campagna di crowdfunding, come il portale Crowdarena di Opstart.
Quindi… se ti diciamo exit strategy, hai capito quali errori evitare? Ottieni più consigli consultando gli altri articoli del blog.
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