Un incubatore a impatto sociale e ambientale: intervista ad a|cube, tra sostenibilità e innovazione

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Un incubatore a impatto sociale e ambientale: intervista ad a|cube, tra sostenibilità e innovazione

Maggio 13, 2025 Economia e Finanza

Incubatori e acceleratori d’impresa sono soggetti che fanno parte ormai stabilmente della rete di attori che costituisce il tessuto imprenditoriale di un Paese e rivestono un ruolo importante soprattutto per le startup: iniziare a fare impresa è un percorso in salita e un supporto professionale, come quello offerto da un incubatore a impatto sociale, è utile per far emergere le idee di business più promettenti e trovare la strategia migliore per indirizzarle verso la crescita e la solidità. 

Le imprese che si pongono come obiettivo un impatto sociale e ambientale positivo, oltre agli obiettivi di profitto, incontrano sul loro cammino sfide ulteriori, che possono beneficiare di un supporto specializzato: è questo il ruolo di a|cube, incubatore a impatto sociale che supporta imprese innovative e sostenibili. Di imprese a impatto positivo, tendenze del mercato della sostenibilità e ruolo degli incubatori parliamo con Ilaria Pais, Head Manager di a|cube

Ciao Ilaria, grazie per il tempo che ci dedicherai! Partiamo dall’inizio: com’è nato a|cube e, per quanto riguarda te, come ne sei diventata Manager? 

La storia di a|cube è iniziata nel 2011, quando ancora parlare di incubazione e impatto sociale sembrava quasi un azzardo. Allora si chiamava Make a Cube3, ed è stato il mio punto di atterraggio nel mondo Avanzi: una realtà nata con l’obiettivo di usare la cultura d’impresa per generare cambiamento sociale. Io sono diventata Manager nel 2018, dopo un percorso come consulente per imprese sostenibili e appassionata di innovazione sociale.
In a|cube ho trovato il luogo giusto per credere in un modo di fare impresa diverso, equo e sostenibile, dove la cultura dell’innovazione si basa sul principio che per fare la differenza serve innanzitutto avere i giusti ideali e circondarsi dei giusti compagni di viaggio. L’idea di fondo è che un imprenditore con una sfida sociale da risolvere può trasformare una piccola intuizione o aspirazione personale in un’impresa solida, capace di durare e di generare valore per tutti. Ma, nel mondo dell’impatto sociale, ibrido per eccellenza, non ci sono codici prestabiliti per farlo, spesso si serpeggia in schemi ancora sconosciuti, visioni poco comprese. Qui sta il bello di quello che si fa in a|cube: oltre a dare supporto con metodi e strumenti che negli anni abbiamo sviluppato, si sperimentano modelli e soluzioni che spesso non si trovano ancora nei manuali. 

Quali sono i servizi principali che offrite alle imprese e in che modo accompagnate le realtà imprenditoriali nel loro percorso di crescita e validazione?

Chi accompagna imprenditori a sviluppare nuove idee deve essere in grado di rispondere alle loro esigenze a qualsiasi stadio di sviluppo si trovino. Se poi sei un incubatore a impatto sociale di organizzazioni, devi saperlo fare credendo nella loro visione, integrarla in un modello di business funzionante, rispettarla in tutte le fasi di creazione del piano di crescita del business. I nostri servizi hanno forse il nome dei tradizionali incubatori certificati, ma devono necessariamente avere peculiarità uniche per essere adeguati ai progetti di imprenditorialità sociale. 

Nei nostri percorsi di incubazione, supportiamo chi parte da zero: validiamo idee, esploriamo il mercato e costruiamo modelli di business sostenibili. Per esempio, aiutiamo botteghe di quartiere a diventare veri hub comunitari oppure a sviluppare soluzioni itineranti che offrono cura e prevenzione della salute. 

Nell’accelerazione, invece, lavoriamo con chi vuole scalare e replicare il proprio modello. Una startup impact-oriented non deve solo essere capace di vendere, ma anche dimostrare l’impatto che genera. Supportiamo le startup a identificare leve per rendere efficiente il business e massimizzare i benefici prodotti, a raccontare con dati concreti i cambiamenti sociali e ambientali. Le mettiamo poi in contatto con investitori impact costruendo un linguaggio comune.

Con l’advisory, infine, forniamo strumenti pratici e soluzioni rapide a chi vuole fare impresa a impatto: startup, PMI, enti pubblici. Per esempio, supportiamo comuni a innovare i servizi sociali, o startup a migliorare il business model per attrarre fondi. In tutto questo, il nostro ruolo è essere partner di fiducia: presenti, concreti di fronte a bisogni specifici che ci presentano. 

Ci ispiriamo e adattiamo all’occasione i metodi del design thinking e della lean startup, adeguandoli ai contesti di impresa a impatto. Il motivo è semplice: non esiste impresa a impatto che non sappia porsi le giuste domande a partire dai bisogni a cui vuole rispondere e testare in modo rapido soluzioni semplici, efficaci, che dimostrino sin da subito il potenziale che possono avere.

Si può dire che a|cube sia un incubatore a impatto sociale e ambientale? Cosa significa concretamente per voi portare avanti questi valori nel mondo delle startup?

Sì, possiamo dire senza esitazioni che a|cube è un incubatore a impatto sociale e ambientale. Certo ora è più facile dirlo, quando la cultura dell’impatto si è diffusa nel nostro Paese. Anche se, a dirla tutta, il concetto di impatto affiancato a un incubatore e acceleratore non è scontato, né semplice da spiegare: essere un incubatore a impatto significa non solo andare alla ricerca di imprenditori che dichiarano, pianificano e perseguono con ambizione e volontà obiettivi di cambiamento sociale, secondo il principio di “intenzionalità”. Ma anche sperare di poter affiancare progetti di nuova impresa che introducano nel mercato soluzioni che fanno la differenza, che producono qualcosa che non sarebbe successa senza il loro intervento. Concretamente cosa facciamo quindi? 

1. Selezioniamo startup con processi che non includono solo metodi di valutazione della bontà del business, ma anche considerazione della visione e della capacità di integrazione dei principi di impatto sociale e ambientale nei propri modelli. Evitiamo chi reputa l’impatto come un effetto collaterale o una questione da gestire. 

2. Accompagniamo le imprese nello sviluppo di modelli di business sostenibili, che non trattano l’impatto solo come una materia da rendicontazione, ma che decidono di fare le scelte giuste per un determinato problema, non necessariamente vantaggiose (anzi, talvolta l’opposto) per la sostenibilità economica, pur di dimostrare che esistano modelli d’impresa equi e trasformativi per la nostra società. Facciamo parte di ecosistemi dedicati, come InnovUp, EVPA, Assobenefit, con lo scopo di portare uno sguardo privilegiato, fondato sull’esperienza di chi incontra e affianca tutti i giorni realtà imprenditoriali che conducono obiettivi di impatto.  

3. Valutiamo l’impatto. Sempre. Cerchiamo di veicolare alle nostre startup un approccio fondato sulla raccolta dati e sul saper fornire letture, dare loro valore, affinché l’impatto non sia solo qualcosa di detto, ma di dimostrato e di comunicabile. Partiamo da noi stessi: ogni anno redigiamo una relazione di impatto che non si limita a raccogliere dati di performance, ma fornisce una lettura sul valore che la nostra società ha generato. Consapevoli che il vero valore, quello con un potenziale di impatto, può essere prodotto soprattutto dalle imprese stesse che seguiamo. Questa è la nostra missione.

Come si inserisce, secondo te, il crowdfunding nel percorso di crescita di una startup a impatto sociale o ambientale? E quale valore aggiunto può dare ad a|cube e alle vostre imprese la partnership con un hub come Opstart?

Penso che il crowdfunding debba essere inteso come più di una semplice raccolta fondi per una startup a impatto: è uno strumento strategico che orienta gli obiettivi, costruisce visioni comuni, crea comunità. Per le startup sociali e ambientali non è solo capitale, ma un modo per conoscere e comprendere il proprio mercato, sia in termini di potenziale clientela, sia delle reali esigenze espresse da tutti i potenziali beneficiari, diretti e indiretti, dei propri prodotti. Il crowdfunding costruisce una base di sostenitori che crede non solo nella validità di quello che la startup offre, ma anche nei valori che propone e nella differenza che promette di generare. Ogni investitore è come se diventasse ambassador di un cambiamento positivo a fianco dei founder.

Nel percorso di crescita che costruiamo in a|cube, il crowdfunding può inserirsi in una fase specifica: quando la startup ha già validato il proprio modello, ha trazione; quindi, dati che ne dimostrano la validità sul mercato, e cerca una spinta sia finanziaria sia reputazionale per scalare. L’aspetto da non sottovalutare però è quanto la startup sia stata capace di costruire comunità, prima di intraprendere questo percorso. La fiducia degli investitori si costruisce nel tempo, si fonda su un senso di complicità e scommessa comune che la startup deve essere stata brava a infondere nei propri stakeholder negli anni. Questo è un aspetto su cui ci concentriamo con le nostre startup, a qualsiasi livello siano del loro stadio di sviluppo.

La partnership con Opstart ci permette di offrire alle nostre startup che riteniamo essere pronte per questo percorso un accesso qualificato e guidato a uno dei principali hub di crowdfunding in Italia. Per a|cube questo significa rafforzare l’ecosistema, dare più strumenti ai team, e contribuire a un’innovazione finanziaria coerente con i nostri valori. È un moltiplicatore di opportunità, per tutti gli attori coinvolti.

Quali sono i settori o i modelli di business che vedi oggi più promettenti in ottica di impatto positivo per il futuro?

Negli ultimi anni abbiamo sperimentato settori verticali che ci hanno permesso di vedere diverse sfaccettature dell’innovazione italiana. Un settore è la Blue Economy, che è in crescita e in termini di impatto ambientale pone sfide ogni giorno sempre più grandi. L’altro è quello del Welfare, l’insieme di servizi innovativi che concorrono a produrre benessere fisico, psichico, lavorativo e comunitario. Due settori per motivi diversi molto interessanti: il primo perché ci permette di toccare con mano la necessità di prenderci cura di una delle risorse più importanti per la nostra esistenza, il mare e il suo ecosistema, con una mentalità e un approccio di progettazione d’impresa orientata alla transizione; il secondo perché impone un cambio di paradigma, quello di un settore privato innovativo che inizia a offrire e sviluppare soluzioni non antagoniste ma complementari al settore pubblico, aiutando a colmare alcuni gap che stanno minando la salute e la qualità di vita delle persone.

A fianco di questi, stiamo portando l’attenzione a settori emergenti, come lo sviluppo di Economie di Prossimità che ripensano le logiche di produzione e distribuzione in una chiave di vicinanza, inclusione e accessibilità. Tra queste, ci sta particolarmente a cuore il mondo della Moda Sostenibile e del lavoro delle sartorie e atelier che negli ultimi anni hanno dimostrato di poter essere un valido canale di inclusione sociale, con attività che promuovono l’inserimento lavorativo di persone fragili, e di economia circolare, costruendo nuove filiere di riciclo e di riuso.

Una domanda personale per chiudere: la parità di genere è un tema che ci sta molto a cuore. In qualità di donna in posizione manageriale, quali consigli daresti alle giovani “manager del futuro”, che si affacciano al mondo dell’innovazione? 

La parità di genere non è solo un tema importante, è una necessità strategica se vogliamo costruire un futuro dell’innovazione più equo e sostenibile.

Peraltro, mi ponete questa domanda in un momento particolarmente cruciale della mia vita, perché da poco rientrata dal congedo di maternità. Un momento cruciale anche per sperimentare con mano l’importanza di intraprendere percorsi professionali all’interno di contesti lavorativi che si mettano in ascolto, comprendano e agiscano in favore della conciliazione e della parità di genere, non solo sul lavoro ma nelle vite delle persone.

Alle giovani manager del futuro direi: siate curiose, siate coraggiose e scegliete ambienti che vi valorizzino, non che vi “tollerino”. Circondatevi di alleati, donne e uomini, che credono in un cambiamento reale. Per essere buone professioniste bisogna mettere sul tavolo competenze, valori e aspirazioni: la cosa buffa e importante da riconoscere è che tutto questo non si impara solo nell’ambiente lavorativo, ma nelle mille dimensioni che la vita ci porta a vivere come amiche, mamme, figlie, compagne di vita. È così che si creano spazi di libertà e di creatività che, se ben incanalati, possono dare il via a processi di vera e propria innovazione.

Adesso che hai scoperto a|cube e come, grazie anche al crowdfunding, aiuta le aziende a crescere, vuoi sapere quali sono le opzioni per la tua impresa? Prenota una call con il nostro team!

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