Ogni anno il 27 ottobre si celebra la Giornata Mondiale del Patrimonio Audiovisivo, istituita dall’UNESCO per promuovere e sottolineare “l’importanza di immagini e suoni per la memoria collettiva”. Questa celebrazione vuole contribuire anche a sensibilizzare istituzioni, governi e imprese private sull’opportunità di sostenere il cinema anche economicamente. Da qui sorge la nostra domanda: può il futuro del cinema passare dal crowdfunding?
Per i produttori audiovisivi, infatti, spesso resta una seria sfida trovare le risorse per trasformare un’idea in un film. I modelli di finanziamento tradizionali – fondi pubblici, contributi di enti culturali, investimenti di grandi produttori – restano fondamentali, ma non sempre accessibili, soprattutto per le produzioni indipendenti e per i giovani autori. In questo scenario, il crowdfunding può diventare una strada alternativa e complementare per il futuro del cinema, capace di incentivare una nuova forma di partecipazione culturale e finanziaria insieme. Ne è un esempio la recente campagna di CULT! su Opstart.
Ci sono già tante altre esperienze di produzioni cinematografiche che negli ultimi anni hanno visto la luce grazie ai fondi raccolti in crowdfunding, dimostrando che questo strumento può davvero essere un alleato strategico sia per chi produce sia per chi sceglie di investire.
Il sostegno economico a un film arriva di solito da tre principali canali: risorse pubbliche, capitali privati e anticipazioni legate alla distribuzione.
Questi strumenti rimangono essenziali, ma mostrano limiti evidenti: l’accesso non è equo per tutti, i tempi sono incompatibili con le esigenze di molte piccole produzioni e l’innovazione fatica a trovare spazio. È proprio nel vuoto lasciato da questi limiti che si inserisce il crowdfunding.
Il crowdfunding è uno strumento alternativo di reperimento di capitali che si adatta ai più svariati settori di attività, compresi quelli creativi come il cinema. Anzi, i progetti creativi risultano particolarmente in linea con l’elemento di community e coinvolgimento collettivo del crowdfunding.
Esistono diverse forme di crowdfunding che possono adattarsi al comparto audiovisivo:
Il cinema si presta in modo naturale a queste logiche perché è in grado di mobilitare comunità di appassionati, sia di questa arte in generale, sia dei temi trattati in particolare dalla singola produzione. Le motivazioni per il sostegno, inoltre, uniscono il ritorno finanziario e il valore culturale e identitario che un progetto cinematografico rappresenta.
Per una società di produzione o un autore indipendente, il crowdfunding non è soltanto una fonte di capitale, ma uno strumento che porta con sé benefici collaterali di grande valore.
In questo senso, il crowdfunding ha anche il vantaggio di dare ai produttori più margine di scegliere contenuti e linguaggi meno vincolati dalle logiche di mercato tradizionali.
Il crowdfunding applicato al cinema offre interessanti opportunità anche ai potenziali investitori:
Il crowdfunding offre quindi agli investitori l’opportunità di diversificare il portafogli, l’appartenenza a una community esclusiva e privilegiata, la possibilità di rendimento e la dimensione di partecipazione culturale: una combinazione difficilmente replicabile in altri strumenti finanziari.
Un esempio concreto di come il crowdfunding possa aprire nuove prospettive nel settore audiovisivo è un progetto approdato su Opstart nel 2025: CULT! è una startup innovativa di produzione audiovisiva che ha scelto l’equity crowdfunding per finanziare la realizzazione di un biopic su Andrea Lanfri, atleta paralimpico e alpinista estremo che ha conquistato l’Everest dopo una grave amputazione.
L’obiettivo di CULT! come società è proprio quello di rendere il cinema più accessibile non solo a livello di fruizione, ma anche come ambito di investimento.
L’iniziativa rappresenta un modello interessante per l’Italia, perché dimostra come l’equity crowdfunding possa essere applicato a un settore creativo ad alto rischio, ma anche ad alto potenziale di ritorno culturale ed economico. Non è solo un mezzo tecnico di raccolta fondi, ma un modo per ripensare il rapporto tra autori, pubblico e investitori.
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