Per avviare una raccolta di equity crowdfunding in Italia è necessario che il ricorso a questa modalità di finanziamento sia previsto dallo statuto societario dell’impresa. Molto spesso lo statuto di un’azienda non prevede l’utilizzo dello strumento, però è sempre possibile modificarlo, aggiungendo le clausole riguardanti l’equity crowdfunding.
Innanzitutto, lo statuto societario deve contenere ovviamente una clausola che consenta l’emissione di azioni o quote a titolo di finanziamento tramite piattaforme di equity crowdfunding. Ma non finisce qui: la normativa impone di stabilire le modalità e i termini specifici per l’emissione delle azioni.
Una campagna di equity crowdfunding prevede un’operazione di aumento del capitale sociale dell’azienda, che offre le proprie quote a investitori terzi attraverso un portale autorizzato. Poiché il capitale sociale è stabilito nello statuto societario al momento della costituzione della società, qualsiasi cambiamento va dichiarato con un atto apposito – l’atto di un aumento di capitale – presso un notaio.
Una volta stabilita l’entità dell’aumento di capitale, insieme al notaio l’azienda dovrà redigere l’apposito documento in cui verranno esplicitati i termini, le modalità e le finalità dell’aumento.
Strettamente legate alla comunicazione dell’aumento di capitale sono le clausole che definiscono le diverse categorie di quote, assegnando a ciascuna i relativi diritti. Alle diverse categorie di quote, infatti, possono essere associate diverse modalità di partecipazione agli utili, il diritto o meno di votare in assemblea ed eventuali altre limitazioni o concessioni di diritti patrimoniali e amministrativi. Anche la previsione di quote conferite in cambio di prestazioni professionali (work for equity) deve essere prevista da una clausola apposita.
In una campagna di crowdfunding, inevitabilmente e auspicabilmente, l’azienda vedrà l’ingresso di molti nuovi soci. Per questa ragione, molto spesso, è utile prevedere delle differenziazioni nelle categorie di quote per evitare di perdere il controllo dell’azienda coinvolgendo un numero eccessivo di piccolissimi investitori nelle decisioni aziendali. D’altra parte, l’attribuzione di diritti particolari (sia amministrativi sia patrimoniali) a determinate categorie di investitori, può essere un forte incentivo a coinvolgere maggiormente in società investitori particolarmente interessanti per l’azienda (ad es. per la quantità di capitali investiti o per le competenze apportate). Le variabili possono essere molte e sono stabilite da ciascuna società in base alle proprie esigenze, pur all’interno dei limiti di legge. Per esempio, i soci senza diritto di voto non possono rappresentare più del 50% del capitale e la remunerazione dell’investimento non può essere slegata dai risultati di profitto.
Uno dei vantaggi dell’equity crowdfunding è proprio la possibilità di stabilire quali diritti cedere insieme alle quote, gestendo il controllo della società.
Quando si parla di clausole statutarie, ce ne sono alcune che, per legge, non possono mancare nello statuto di un’impresa che vuole fare equity crowdfunding e sono quelle destinate a tutelare gli investitori.
In particolare, il regolamento Consob esige che lo statuto dell’azienda preveda il diritto di recesso o il diritto di co-vendita. Il regolatore, infatti, vuole assicurarsi di garantire all’investitore una modalità concreta per realizzare la cosiddetta “exit”, soprattutto nel caso in cui i soci di maggioranza abbiano trovato un accordo con un potenziale acquirente della società. Il diritto di co-vendita, detto anche tag-along, serve proprio a questo scopo: garantisce all’investitore di minoranza la possibilità di vendere la propria quota ad un eventuale compratore alle stesse condizioni proposte ai soci di maggioranza. Grazie a questa clausola, nell’eventualità di una exit, i soci di minoranza non possono essere esclusi o svantaggiati dalla vendita.
La tutela degli investitori passa anche attraverso la clausola di pubblicità dei patti parasociali, regolamentati dagli art. 2341-bis e 2341-ter del Codice Civile. Nel caso in cui i soci della società stipulino al di fuori dello statuto dei contratti, fra loro o con terzi, che stabiliscono regole di comportamento per i loro rapporti interni oppure per i rapporti esterni, vige l’obbligo di comunicazione tempestiva al portale di crowdfunding. I potenziali investitori, infatti, devono poter visionare integralmente una copia degli eventuali patti parasociali.
Abbiamo visto nel precedente capitolo cos’è il diritto di co-vendita e come questa clausola tuteli l’investitore in caso di vendita. Ma assumendo invece il punto di vista dei founder, possiamo facilmente immaginare che, in una situazione di vendita della società, possa diventare molto difficile convincere tutti i soci ad accettare le condizioni economiche della transazione. Ipoteticamente potrebbe insorgere la situazione in cui i soci di maggioranza trovino un accordo di vendita, che però non è di gradimento a uno o più soci di minoranza, con il rischio di far fallire l’intera operazione qualora il compratore voglia acquistare il 100% dell’azienda.
Per tutelare la governance aziendale da questa casistica, è una buona abitudine inserire nello statuto il cosiddetto diritto di trascinamento (drag along), per cui il socio di maggioranza può vendere anche le quote dei soci di minoranza, alle stesse condizioni economiche delle proprie, senza chiedere il consenso. Tale diritto può essere anche parziale (bring along), per cui il socio di minoranza è obbligato a cedere le proprie quote solo se l’acquirente terzo stesso lo richiede. Attenzione però, il diritto di trascinamento non è obbligatorio, ed è la società a decidere se adottarlo.
Nella pratica, qualsiasi modifica dello statuto societario deve essere deliberata dall’assemblea dei soci con voto favorevole della maggioranza, con verbale redatto da un notaio. La redazione notarile può avvenire contestualmente all’assemblea oppure in un momento successivo, entro 30 giorni. La procedura di ratifica richiede di solito pochi giorni lavorativi, ma la fase di discussione assembleare può richiedere molto tempo per la definizione di tutti gli aspetti pratici.
Generalmente, in occasione dell’atto di aumento di capitale si procede a inserire tutte le modifiche statutarie anche non obbligatorie, ma necessarie per gestire al meglio la governance post campagna. Opstart fornisce a tutte le società che devono lanciare una campagna di crowdfunding sul portale una consulenza specifica per rendere lo statuto conforme alle esigenze di governance dei founder e al contempo rendere la società attraente per gli investitori crowd.
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