Il 27 giugno si celebra la Giornata delle Micro, Piccole e Medie Imprese, che rappresentano la maggior parte del tessuto produttivo dell’economia italiana.
Su 4,4 milioni di imprese attive in Italia, ben il 95,13% circa sono micro imprese e il 4,78% circa sono PMI, ma queste ultime sono responsabili, da sole, del 41% dell’intero fatturato generato in Italia e del 33% dell’insieme degli occupati del settore privato (fonte: Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano).
Se si considera che le PMI italiane hanno performance di produttività migliori della media europea, mentre le grandi e le micro imprese italiane restano indietro, si comprende come questo comparto sia il vero cuore dell’economia reale italiana.
La definizione di Piccola e Media Impresa è stabilita dalla Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE con i seguenti parametri:
Un’apposita sezione del Registro delle Imprese in Italia è poi dedicata alla categoria delle PMI innovative, che devono rispettare ulteriori requisiti, già approfonditi in un articolo precedente, e godono degli stessi benefici delle startup innovative.
Abbiamo detto che le PMI costituiscono circa il 5% delle imprese italiane (circa 220.000 imprese all’ultimo censimento), ma il loro peso economico è molto più sostanzioso: contribuiscono per il 37,9% alla creazione di valore aggiunto.
Fanno parte di questa categoria sia imprese artigianali sia imprese ad alto tasso di innovazione tecnologica, con grandi differenze di mercato, struttura, performance, cultura da una all’altra. Si concentrano prevalentemente nel Nord-ovest d’Italia e nel settore terziario e manifatturiero. Nel Sud Italia sono poche o assenti le grandi imprese, mentre è molto più diffusa la microimpresa.
I dati Istat più recenti (2020) evidenziano che “a livello di settore di attività economica i valori più elevati di produttività si registrano nei settori di fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (324,8 mila euro), estrazione di minerali da cave e miniere (138,9 mila euro); i valori più bassi si registrano nelle altre attività di servizi (19,3 mila euro), nelle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (22,4 mila euro) e nell’istruzione, con 26,1 mila euro.”
Il peso delle PMI è ancora più facilmente comprensibile se si guarda ai settori tipicamente distintivi dell’economia italiana: le PMI contribuiscono per il 40% del fatturato del settore agroalimentare, per il 43% nel settore della moda e per il 41% nel settore dell’arredo e del design.
Per “economia reale” si intendono tutte le realtà produttive di un Paese, ovvero le imprese che producono e distribuiscono beni e servizi, generando ricchezza e lavoro. È un concetto contrapposto a quello di “economia finanziaria”, di per sé improduttiva: abbiamo approfondito i significati e le differenze delle due economie, strettamente interconnesse, in questo articolo.
L’economia reale italiana, come abbiamo visto, ha un tessuto molto frammentato in realtà piccole e piccolissime, per sua natura fragile e poco produttivo, la cui struttura portante è tenuta in piedi dalle PMI. Nel nostro Paese, infatti, c’è una mancanza cronica di grandi imprese, e le poche che ci sono non raggiungono i livelli di produttività delle omologhe europee e internazionali. Sono le PMI, in definitiva, le imprese più produttive in Italia, cioè quelle in grado di generare un valore aggiunto significativo.
Questo aspetto è essenziale perché la spinta della produttività è il motore di crescita dell’economia di un Paese. Alimentare lo sviluppo delle PMI è quindi fondamentale per alimentare una crescita reale e per aumentare il numero di grandi imprese efficienti in Italia.
Investire nelle piccole e medie imprese italiane significa investire nell’economia reale del nostro Paese e supportarne la crescita, fondamentale per il benessere collettivo. È un investimento concreto, che puoi monitorare da vicino e che porta benefici sia all’investitore sia alla società nel suo complesso, perché finanziando le imprese dà impulso alla circolazione del denaro, alla creazione di posti di lavoro, alla crescita della ricchezza.
Una delle difficoltà principali delle piccole e medie imprese italiane è accedere al credito: ecco perché la finanza alternativa è uno strumento prezioso per le PMI ed è anche un canale privilegiato e molto accessibile per investire in PMI. Anche chi non ha competenze e capitali massicci, infatti, con il crowdfunding può investire in startup e PMI in modo facile (seppure mai privo di rischi) e a partire da piccole somme. Nell’hub fintech di Opstart si trovano tutte le tipologie di crowdfunding attraverso le quali è possibile investire, in base alle proprie esigenze, nelle PMI italiane.
Le stesse istituzioni hanno incentivato negli anni il ricorso al crowdfunding da parte di queste categorie di imprese, riconoscendolo come strumento prezioso per la crescita, e sono previste detrazioni fiscali per gli investimenti in questo ambito.
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