Piccole e medie imprese: una giornata per celebrare l’economia reale italiana

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Piccole e medie imprese: una giornata per celebrare l’economia reale italiana

Il 27 giugno si celebra la Giornata delle Micro, Piccole e Medie Imprese, che rappresentano la maggior parte del tessuto produttivo dell’economia italiana.

Su poco più di 5 milioni di imprese attive in Italia al 2024 secondo l’ISTAT, ben il 96% circa sono PMI. La maggior parte di queste PMI sono microimprese e il 4,4% circa sono piccole e medie imprese. Circa il 75% degli occupati totali del nostro Paese lavorano per PMI: ecco perché queste imprese rappresentano il cuore della nostra economia e dal loro sviluppo dipende la nostra competitività.

Cosa sono le PMI

La definizione di Micro, Piccola e Media Impresa è stabilita dalla Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE con i seguenti parametri:

  • Micro impresa: meno di 10 addetti e fatturato annuo o totale di bilancio annuo inferiore a 2 milioni di euro.
  • Piccola impresa: tra i 10 ed i 49 addetti e fatturato annuo o totale di bilancio annuo inferiore a 10 milioni di euro.
  • Media impresa: tra i 50 ed i 249 addetti e fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio inferiore a 43 milioni di euro.

Un’apposita sezione del Registro delle Imprese in Italia è dedicata alla categoria delle PMI innovative, che devono rispettare ulteriori requisiti, approfonditi in un articolo precedente, e godono di agevolazioni fiscali e incentivi per investimenti e finanziamenti.

Il quadro delle PMI italiane

Abbiamo detto che le piccole e medie imprese costituiscono circa il 4-5% delle imprese italiane (circa 220.000 imprese all’ultimo censimento), ma il loro peso economico è molto più sostanzioso: contribuiscono per il 37,9% alla creazione di valore aggiunto

Le piccole e medie imprese, da sole, sono responsabili del 40% dell’intero fatturato generato in Italia e del 33% dell’insieme degli occupati del settore privato (fonte: Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano e ISTAT). Questo permette di evidenziare come le micro imprese, pur essendo presenti in grandissimo numero in Italia, rivestano un ruolo marginale per l’economia.

Se si considera, inoltre, che le piccole e medie imprese italiane hanno performance di produttività migliori della media europea, che le micro imprese italiane restano indietro e che le grandi imprese performano bene ma sono troppo poche, si comprende come questo comparto sia il vero protagonista dell’economia reale italiana.

Fanno parte di questa categoria sia imprese artigianali sia imprese ad alto tasso di innovazione tecnologica, con grandi differenze di mercato, struttura, performance, cultura da una all’altra. Si concentrano prevalentemente nel Nord-ovest d’Italia e nel settore terziario e manifatturiero. Nel Sud Italia sono poche o assenti le grandi imprese, mentre è molto più diffusa la microimpresa. 

I dati Istat più recenti (2022) sul complesso delle PMI evidenziano che i risultati migliori in termini di valore della produzione si registrano nelle attività manifatturiere (700 milioni di euro), nel commercio (275 milioni) e nelle costruzioni (250 milioni). Simili sono anche i risultati del confronto del fatturato, dove il commercio guadagna terreno.

Il peso delle PMI è ancora più facilmente comprensibile se si guarda ai settori tipicamente distintivi dell’economia italiana: le PMI contribuiscono per il 40% del fatturato del settore agroalimentare, per il 43% nel settore della moda e per il 41% nel settore dell’arredo e del design.

Perché le PMI sono essenziali per l’economia reale italiana

Per “economia reale” si intendono tutte le realtà produttive di un Paese, ovvero le imprese che producono e distribuiscono beni e servizi, generando ricchezza e lavoro. È un concetto contrapposto a quello di “economia finanziaria”, di per sé improduttiva: abbiamo approfondito i significati e le differenze delle due economie, strettamente interconnesse, in questo articolo.

L’economia reale italiana, come abbiamo visto, ha un tessuto molto frammentato in realtà piccole e piccolissime, per sua natura fragile e poco produttivo, la cui struttura portante è tenuta in piedi dalle PMI. Nel nostro Paese, infatti, c’è una mancanza cronica di grandi imprese, anche se le poche che ci sono superano il livello di produttività della media europea. Sono le PMI, in definitiva, le imprese più produttive in Italia, cioè quelle in grado di generare un valore aggiunto significativo.

Questo aspetto è essenziale perché la spinta della produttività è il motore di crescita dell’economia di un Paese. Alimentare lo sviluppo delle PMI è quindi fondamentale per alimentare una crescita reale e per aumentare il numero di grandi imprese efficienti in Italia.

Come investire in piccole e medie imprese

Investire nelle piccole e medie imprese italiane significa investire nell’economia reale del nostro Paese e supportarne la crescita, fondamentale per il benessere collettivo. È un investimento concreto, che puoi monitorare da vicino e che porta benefici sia all’investitore sia alla società nel suo complesso, perché finanziando le imprese dà impulso alla circolazione del denaro, alla creazione di posti di lavoro, alla crescita della ricchezza.

Una delle difficoltà principali delle piccole e medie imprese italiane è accedere al credito: ecco perché la finanza alternativa è uno strumento prezioso per le PMI ed è anche un canale privilegiato e molto accessibile per investire in PMI. Anche chi non ha competenze e capitali massicci, infatti, con il crowdfunding può investire in startup e PMI in modo facile (seppure mai privo di rischi) e a partire da piccole somme. Nell’hub fintech di Opstart si trovano tutte le tipologie di crowdfunding attraverso le quali è possibile investire, in base alle proprie esigenze, nelle PMI italiane.

Le stesse istituzioni hanno incentivato negli anni il ricorso al crowdfunding da parte di queste categorie di imprese, riconoscendolo come strumento prezioso per la crescita, e sono previste detrazioni fiscali per gli investimenti in questo ambito.

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