Lavorare con le startup innovative: la parola a Paolo Napolitano di Peekaboo

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Lavorare con le startup innovative: la parola a Paolo Napolitano di Peekaboo

Giugno 05, 2024 Economia e Finanza

Il crowdfunding è fatto di persone: non soltanto investitori che credono in un progetto e lo supportano, ma anche imprenditori che trovano il coraggio di fondare una startup e tutte le persone che lavorano per i portali, rendendo le raccolte possibili. Da non dimenticare, poi, gli incubatori, acceleratori e advisor che accompagnano le imprese dalla nascita, alla crescita, al raggiungimento dei propri obiettivi. Lavorare con le startup innovative significa supportarle in tutte le fasi della loro vita e, quando la situazione lo richiede, contribuire al buon esito della loro campagna di crowdfunding. Abbiamo intervistato Paolo Napolitano, co-founder e CEO di Peekaboo, incubatore certificato, per approfondire tutti i temi legati all’innovazione, alle strartup e alla sostenibilità.

Chi è Paolo Napolitano? E quale percorso ti ha portato alla fondazione di Peekaboo e a lavorare con le startup innovative?

Laureato in Ingegneria Gestionale, ho iniziato la mia carriera lavorando in una società di consulenza strategica specializzata in Innovation Management, dove ho acquisito competenze in gestione dei progetti e innovazione tecnologica.

Dopo 4 anni ho scelto di lasciare l’azienda e diventare un founder di startup: ne ho infatti avviate due, che mi hanno permesso di sperimentare in prima persona le sfide e le opportunità del mondo imprenditoriale.

Questa esperienza mi ha ispirato a creare Peekaboo – di cui sono CEO e Co-fondatore – un incubatore che supporta le startup nel loro percorso di crescita e sviluppo, aiutandole a trasformare le idee in realtà.

Dalla sua nascita nel 2016, Peekaboo ha supportato lo sviluppo di più di 1.000 startup e oltre 50 progetti di Open Innovation con PMI e corporate.

Peekaboo è un incubatore certificato. Cosa significa per voi essere un incubatore e quali sono i vostri tratti distintivi rispetto agli altri player del settore?

Essere un incubatore certificato significa lavorare con le startup innovative e supportare la loro crescita e quella dell’ecosistema dell’innovazione.

Crediamo che l’innovazione tecnologica e l’imprenditorialità innovativa possano contribuire a creare una società più sostenibile e migliorare il nostro benessere. Come sistema Paese abbiamo bisogno di sviluppare startup che tramite nuovi modelli di business possano creare posti di lavoro e casi di successo necessari alla crescita di tutto l’ecosistema.

Il nostro tratto distintivo rispetto ad altri player del settore è la competenza basata sulle migliori practice internazionali, in particolare Y Combinator che è la nostra stella polare. 

Un altro fattore distintivo è l’approccio all’Open Innovation. Lavoriamo insieme a neo-imprenditori, a PMI, a grandi aziende e abbiamo maturato competenze ed esperienze per portare valore, ovvero risultati di business.

Quali sono secondo te gli aspetti fondamentali da tenere presente quando si vuole lavorare con le startup innovative?

Per lavorare con le startup è fondamentale comprendere innanzitutto che il lavoro del founder è una mission impossible: la sfida è quella di diventare leader di un mercato partendo da zero. 

La velocità è fondamentale. Velocità di validazione di mercato e di tutti gli altri aspetti che consentono ai fondatori e alla startup di crescere. Infatti, inizialmente non si hanno tutte le competenze necessarie per poter avviare e sviluppare una startup, per questo c’è bisogno di operatori specializzati come gli incubatori certificati.

Un altro aspetto spesso sottovalutato è quello psicologico. Specialmente i first time founder (gli imprenditori che provano per la prima volta a lanciare una startup) percorrono il sentiero non tracciato dell’innovazione e hanno bisogno di qualcuno che li prenda per mano e li guidi, facendoli sentire meno soli e soprattutto avvertendoli dei rischi che possono correre facendo certe scelte. Sono sempre i founder che guidano, ma l’incubatore può prevenire possibili errori (e quindi dei fallimenti).

Infine, spesso si trascura un dato di fatto: l’output più probabile di un startup è il fallimento. E questo non deve essere considerato un male, ma un bene. Più fallimenti riusciremmo a produrre, più sarà probabile che i founder falliti creino startup di successo e consentano all’ecosistema di crescere. In sintesi: la capacità di un ecosistema dell’innovazione di crescere è direttamente proporzionale alla capacità di generare fallimenti. 

Sul vostro sito si legge “Crediamo nell’innovazione sostenibile”. Cosa fa Peekaboo in questo senso e cosa si può consigliare a una giovane impresa che voglia crescere in modo sostenibile?

La sostenibilità, come l’innovazione, è qualcosa che va perseguita ma che non si raggiunge mai. E sono entrambe fondamentali per garantire la sopravvivenza nel futuro.

Dal 2020, abbiamo intrapreso un percorso che ci ha portato ad approfondire metodologie e strumenti per diffondere pratiche sostenibili e a certificarci come B Corporation

Non ci limitiamo solamente a lavorare con le startup innovative ma il nostro approccio di innovazione sostenibile si basa su un principio: ogni azienda dovrà dimostrare di essere sostenibile nel futuro. Di conseguenza, noi che siamo un incubatore certificato abbiamo il compito di definire insieme agli imprenditori -sin dalla prima fase di definizione del business model – quale sarà l’impatto in termini di sostenibilità dell’innovazione che si lancia sul mercato.

Per questo abbiamo adeguato i nostri framework, integrandoli con il tema della sostenibilità, come ad esempio abbiamo fatto con il Sustainability Business Model Canvas.

Ipotizziamo che ci stiano leggendo potenziali imprenditori e imprenditrici che non hanno ancora concretizzato la loro idea di business. Qual è il primo consiglio che daresti loro?

Di contattarci! (Scherzo… ma neanche troppo).

Il problema che rileviamo è che i first time founder, non avendo le competenze e il network per farlo, commettono senza volerlo una serie di errori che li portano dritti al fallimento. In altre parole, senza un supporto ci sono zero possibilità di successo. D’altronde è come se un atleta che vuole vincere le olimpiadi si mettesse in testa di farlo da solo, senza la guida di un allenatore, senza la federazione e una rete di professionisti che lo possa aiutare. 

Un altro consiglio che do è quello di smettere di pianificare e costruire sull’idea di business, ma di validare sul mercato la soluzione. Solo il raggiungimento della traction sarà l’evidenza di una startup che può funzionare e crescere sul mercato. È un passaggio difficile, soprattutto per chi non l’ha mai fatto, ma necessario.

Tutti i grandi imprenditori innovativi che conosciamo, che hanno trasformato startup in colossi tech globali (Steve Jobs, Elon Musk, Bill Gates, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, per citarne solo alcuni) sono grandi venditori, oltre a essere grandi esperti di tecnologia. Se non sai vendere, non potrai mai diventare un founder di successo.

L’ultimo consiglio è quello di studiare il mercato, in termini di trend tecnologici, nuovi modelli di business in fase di sviluppo, in modo da sviluppare idee che possano avere un market fit, piuttosto che partire esclusivamente dal proprio vissuto. La competenza in un settore è una “conditio sine qua non” per fondare una startup di successo, ma è importante confrontarsi con le migliori innovazioni globali in quel settore per comprendere se ci sono vuoti di mercato da intercettare.

Peekaboo e Opstart sono partner da diverso tempo. Quanto è importante secondo te fare rete nel nostro settore?

Fare rete è fondamentale nel nostro settore e la collaborazione con Opstart ci ha permesso di offrire alle nostre startup ulteriori opportunità di finanziamento attraverso il crowdfunding.

Creare una rete di partner affidabili permette alle startup di accedere a risorse, competenze e mercati che altrimenti sarebbero difficili da raggiungere. Inoltre, la collaborazione tra diverse realtà può portare a sinergie e innovazioni, a vantaggio dell’intero ecosistema imprenditoriale.

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