L’equity crowdfunding è uno strumento finanziario che permette a chiunque di investire in startup e PMI non quotate. In Italia si è distinto all’interno dell’eco-sistema finanziario anche grazie all’attenzione normativa dedicata, che ha tutelato al meglio tutti i soggetti che gravitano attorno a questo mercato, disciplinando le loro interazioni: imprenditori di Start-up e PMI in cerca di fondi, i gestori dei portali on-line di equity crowdfunding e gli investitori. La disciplina primaria che regola l’interazione tra questi soggetti è il TUF – Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, detto anche legge Draghi che entrò in vigore nel 1998; la regolazione secondaria è dettata invece dal “Regolamento sulla raccolta di capitali tramite portali on-line” o “Regolamento Consob” che disciplina principalmente i portali di crowdfunding, ed infine, da ottobre 2021 entrerà in vigore il Regolamento ECSP che istituirà un vero e proprio mercato comune europeo delle piattaforme web.
In Italia chiunque può investire in equity crowdfunding, sia investitori professionali sia investitori cosiddetti retail, ovvero i piccoli risparmiatori. In ogni raccolta online però gli investitori professionali devono coprire almeno il 5% della raccolta complessiva perché questa possa essere considerata conclusa con successo. Tali investitori possono essere clienti privati o pubblici e sono detti professionali, o consapevoli, in quanto possiedono l’esperienza, le conoscenze e le competenze necessarie per prendere le proprie decisioni in materia di investimenti finanziari consapevolmente ed in autonomia e per valutare correttamente i rischi che assume.
Tra le categorie di investitori professionali, che possono interagire con questo strumento finanziario, rientrano quelli istituzionali, ovvero società private o enti pubblici che effettuano investimenti in maniera sistematica e cumulativa; oppure gli investitori qualificati che non sono istituzionali ma hanno caratteristiche e/o competenze professionali tali da renderli attori con speciali qualifiche. Solitamente sono infatti definiti high net worth individual (individuo con alto patrimonio netto) e con i quali è possibile applicare procedure più rapide e meno vincolanti.
I clienti professionali, privati o pubblici, istituzionali o qualificati, si distinguono tra clienti professionali di diritto e clienti professionali ‘su richiesta’.
I soggetti autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari sia essi italiani che esteri, ad esempio banche; imprese di investimento; istituti finanziari; imprese di assicurazione; organismi di investimento collettivo e società di gestione di tali organismi; fondi pensione e società di gestione di tali fondi; i negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci.
Tra questi soggetti ci sono anche le imprese di grandi dimensioni che si presentano come singola società e devono ottemperare almeno due criteri dimensionali tra:
Inoltre, gli investitori istituzionali, che hanno a che fare principalmente con strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla cartolarizzazione di attivi o altre operazioni finanziarie.
Sono i soggetti che fanno una espressa richiesta ad un intermediario per essere trattati come investitori professionali. L’intermediario (ad es. la banca di cui l’investitore è cliente) conduce una determinata istruttoria con la quale “classifica” il cliente come professionale su richiesta. Per diventare un investitore professionale devono essere rispettati due dei requisiti minimi:
Esiste poi un’ultima categoria, fuori dalle due distinzioni precedentemente fatte.
Gli investitori a supporto delle PMI sono soggetti, persone fisiche o giuridiche, che, oltre ad avere il valore del portafoglio di strumenti finanziari, inclusi i depositi di denaro, superiore a 500.000 euro devono rispettare almeno uno dei seguenti requisiti:
Infine, per la normativa dell’equity crowdfunding sono considerati investitori professionali anche le fondazioni bancarie e gli incubatori certificati di startup innovative.
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