Teorizzato oltre trenta anni fa dall’economista Michael Porter, il concetto di catena del valore o value chain rimane centrale nelle strategie d’impresa in quanto consente di comprendere in che modo un’azienda crea (aggiunge) valore, su quali fattori si fonda il proprio vantaggio competitivo e come può migliorare le proprie perfomance.
Con value chain si intende l’insieme delle attività e processi aziendali necessari per creare e vendere un prodotto o un servizio, e comprende quindi le diverse fasi che vanno dall’idea al mercato, dalla progettazione fino alla distribuzione e ai servizi post-vendita, passando per l’approvvigionamento (materie prime, semilavorati, componenti, attrezzature, ecc.), la produzione, il marketing, la commercializzazione. Ogni passaggio, ogni anello della catena aggiunge valore al prodotto o servizio offerto.
Che sia una realtà verticalmente integrata oppure un fornitore focalizzato su una singola attività, per crescere e prosperare nel lungo periodo qualsiasi azienda deve vendere i propri prodotti ad un prezzo superiore al costo sostenuto per aggiungere valore. Tutte le attività all’interno di un’organizzazione possono generare valore – ricerca e sviluppo, operation, logistica, ecc. – e l’azienda dovrebbe preoccuparsi di migliorarle costantemente se vuole ottenere e mantenere un reale vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti.
Esaminando in che modo e in che misura ogni fase crea valore, l’analisi della value chain rappresenta un mezzo per comprendere dove si trovano le opportunità di miglioramento e in che modo è possibile massimizzare il valore generato.
A tal fine sono sostanzialmente due – suggerisce Porter – le strategie per raggiungere e mantenere un vantaggio competitivo:
Per poter decidere in modo competente quale strategia seguire si deve essere in grado di saper esaminare e valutare quelli che per Porter sono i processi che vanno a comporre la catena del valore.
Quelli primari sono cinque:
A fianco a questi processi primari vi sono anche quelli definibili di supporto a tutti i precedenti e che sono in un certo senso trasversali alle altre attività.
Vi sono gli approvvigionamenti, lo sviluppo della tecnologia, sempre più centrale, la gestione delle risorse umane, importantissima soprattutto laddove gli asset sono soprattutto le competenze dei dipendenti più che i macchinari e le materie prime, e la attività infrastrutturali, che vanno a comporre i costi fissi, come gli uffici legali e amministrativi
Per meglio comprendere cosa si intende con queste definizioni possiamo prendere a esempio notissime grandi aziende e le loro catene del valore, come Starbucks.
In questo caso il processo della logistica interna consiste nell’approvvigionamento dei migliori chicchi di caffè in America Latina, Asia, Africa, ancora verdi e non tostati. L’aggiunta di valore avviene nel momento in cui vengono tostati e impacchettati da Starbucks nei propri stabilimenti.
La fase di Operations consiste nell’attività di servizio alla clientela nei 32 mila negozi di proprietà o in licenza, in 80 mercati in tutto il mondo. Qui si realizzano le vendite, l’attività più importante dell’azienda
La Logistica in uscita apparentemente è meno determinante perché quasi tutto il business è B2C e si tratta in realtà di spedizioni tra gli stabilimenti e i negozi della catena, ma la capillarità della presenza di Starbucks nel globo fa in modo che in realtà anche questa attività sia delicata e centrale.
Di primaria importanza sono il marketing e il service. Nel primo caso viene realizzato puntando soprattutto sul brand iconico, sull’unicità e sulla qualità del servizio, nel secondo su un rapporto con la clientela diretto e personale, che include la scritta del nome del bicchiere e la presenza del barista che compone la bevanda davanti al cliente. Anche qui si crea valore, che consente alla multinazionale di vendere a prezzi più alti di quelli di un bar qualsiasi.
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