Tra le diverse tipologie di crowdfunding esistenti,
l’equity crowdfunding è una di quelle che ha subito il maggiore sviluppo, molto apprezzata dalle imprese in cerca di capitali con cui accelerare la propria crescita.
Questa tipologia di crowdfunding prevede che il finanziamento avvenga
sotto forma di capitale di rischio: chi investe
conferisce il proprio denaro in cambio di quote partecipative della società con diritti di tipo patrimoniale e, in alcuni casi, anche amministrativo.
In altre parole, l’investitore che sceglie di sostenere un’azienda –
startup o PMI innovativa – tramite equity crowdfunding diventa a tutti gli effetti socio della stessa. Questo avviene esclusivamente nel caso in cui la campagna di equity crowdfunding vada a buon fine, vale a dire quando il capitale raccolto dalla “folla” di investitori supera l’obiettivo minimo prestabilito, anche conosciuto come
soglia inscindibile. Oltre al target minimo, per ogni campagna di equity crowdfunding viene fissato anche un
target massimo, raggiunto il quale la campagna si conclude.
L’Italia è stato il
primo Paese a regolamentare l’equity crowdfunding e le piattaforme che se ne occupano, tramite un’apposita
normativa emanata da Consob nel 2013.
Il regolamento è stato poi
aggiornato nel 2018, introducendo la possibilità per le piattaforme autorizzate di pubblicare campagne di raccolta di capitale di tutte le società offerenti qualificate come piccole e medie imprese (PMI). Nella categoria di PMI rientrano:
- Le startup innovative e a vocazione sociale (con particolari deroghe al diritto societario).
- Le PMI Innovative (con particolari deroghe al diritto societario).
- Le Piccole Medie Imprese non incluse nelle due categorie sopra elencate.