L’equity crowdfunding è fra le prime tipologie di raccolta di capitali online che si sono diffuse in Italia, ma sapere cosa si intende per equity non è importante solo nell’ambito del crowdfunding, perché è un concetto finanziario più ampio.
La traduzione letterale di “equity” è “capitale di rischio” oppure “capitale sociale”. Il termine, quindi, indica il capitale investito in una società dal singolo imprenditore o dall’insieme dei soci. Si parla di “rischio” perché l’investimento di questo capitale non ha limiti di tempo e non dà alcuna garanzia di restituzione e/o guadagno, essendo come una scommessa sul futuro di una società.
Un’altra traduzione di “equity” è “mezzi propri”: questa accezione mette l’accento sul capitale interno della società in contrapposizione al capitale proveniente da terzi, per esempio da prestiti, che costituisce debito.
Da questo significato economico primario deriva ciò che si intende per equity e le implicazioni di questo concetto in ambito finanziario. Le aziende quotate e non quotate possono raccogliere capitali mettendo in vendita le proprie quote o azioni, cioè i titoli di partecipazione alla società. Un investitore può acquistare questi titoli e diventare socio dell’azienda, immettendo nella società scelta il proprio capitale e acquisisce così il diritto a ricevere una porzione di utili della società, esponendosi allo stesso tempo al rischio di perdere il capitale investito in caso di fallimento dell’azienda.
Dal significato di equity che abbiamo descritto deriva l’equity crowdfunding, uno strumento che offre la possibilità di vendere azioni o quote e raccogliere capitale anche alle società non quotate in Borsa e di investire in capitale di rischio anche agli investitori non professionali che non hanno capitali ingenti da impiegare.
Lanciando una campagna di equity crowdfunding su un portale autorizzato online, una start up o una PMI vende agli investitori titoli di partecipazione per raccogliere capitale da investire nella crescita della società; gli investitori diventano quindi soci e avranno diritto alla distribuzione degli utili quando la società avrà margine di profitto. Bisogna tenere presente, a tal proposito, che le start up, per legge, non possono distribuire utili per i primi 5 anni dalla loro costituzione.
Rispetto ad altre tipologie di investimento, è una asset class più rischiosa, perché start up e PMI sono meno strutturate rispetto ad aziende quotate e sono in fase di crescita. Proprio per questo, però, il rendimento è potenzialmente più elevato.
Il concetto di equity si ritrova anche nel private equity, un’altra particolare tipologia di investimento che, a differenza dell’equity crowdfunding, riguarda principalmente società private, business angel e investitori istituzionali: consiste in un investimento a medio-lungo termine in capitale di rischio di società target non quotate, ad alto rischio ma con un alto potenziale di crescita. Se la società è in fase di start up, si parla più precisamente di venture capital.
Gli investitori istituzionali che si occupano di private equity sono intermediari come fondi o compagnie assicurative (ma anche università, fondazioni, banche ecc.) che gestiscono gli investimenti di soggetti che affidano loro i propri capitali. Sono operazioni comunque riservate a chi possiede un capitale molto consistente da investire. Il guadagno deriva dalla quotazione in Borsa della società oggetto dell’investimento, oppure dalla vendita delle quote di partecipazione accresciute di valore.
L’investimento in private equity, però, implica non solo il versamento di capitale in una società, ma anche la partecipazione alle decisioni e alle attività dell’impresa: l’investitore istituzionale, in accordo con il management della società, contribuisce con le proprie conoscenze e la propria professionalità alla realizzazione dell’idea imprenditoriale e al raggiungimento di determinati obiettivi in un certo periodo di tempo. Quando l’investitore è una professionalità di prestigio, aumenta anche la credibilità dell’impresa e la fiducia nel progetto imprenditoriale.
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